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venerdì 2 gennaio 2009

Primo approccio educatore-bambino


Attraverso la mia esperienza di tirocinio presso il reparto di pediatria dell'ospedale di Legnago (VR) ho potuto constatare di persona quanto sia delicato il rapporto diretto con qualsiasi tipo di paziente ricoverato in un ospedale per brevi o lunghe degenze,di quanto sottile sia,sopratutto se si tratta di un piccolo paziente,la linea tra l'approccio utile al fine di iniziare una relazione educativa e l'invadenza. Mi spiego meglio;nel mio caso il mio compito sta nel progettare interventi educativi di brevissima durata incentrati su utenti che spesso vedo solo da un paio di ore al massimo di una giornata intera,solo nei casi più gravi dai 2 ai 10 giorni.Ora,immaginiamoci un bambino provato da una qualsiasi malattia o trauma,preso dall'ambiente degli affetti per eccellenza quale è la casa famigliare e "sbattuto" in un altro luogo ostile,per nulla famigliare circondato da persone che in un modo o nell'altro invadono la sua privacy,all'apparenza "cattive" (perchè nella mente del bambino il solo dato di fatto che queste gli provochino dolore fisico va immediatamente a collegarsi con l'etichetta negativa) e con tutti gli stress derivanti da:tempi ospedalieri,preoccupazione dei genitoiri,malessere fisico al quale non saper dare una spiegazione,anche se si tratta di un semplice disagio passeggero dovuto ad un banale esame del sangue...come intervenire?
Il reparto in cui faccio esperienza è dotato di una sala giochi situata non a caso proprio di fronte alla porta di entrata del reparto stesso,quella stanza la chiamo"il mio regno"poichè la mia presenza è strettamente collegata al solo esistere di quella stanza. Prima o poi tutti i bambni ricoverati,di passaggio o in OBI (osservazione breve intensiva)passano di lì,osservando il continuo andirivieni e il groviglio di umori e sensazioni che passano durante una sola giornata ho sviluppato una teoria;secondo me la cosa migliore è che i bambini provino interesse per qualcosa che sto facendo o per un'attività che sto già in prima persona andando a svolgere,permettendo così un primo approccio con alla base l'interesse e la curiosità fatto di sguardi,di sorrisi e di attenzioni. Successivamente andrò io a rompere il ghiaccio con le prime frasi di conoscenza per procedere poi con il supporto dei genitori con attività di animazione,ricreazione ed educazione sanitaria. Procedendo in questo modo ho potuto notare che il bambino non si sente aggredito dalla persona estranea e 9 volte su 10 non mette in atto meccanismi di difesa o di rifiuto,può sembrare banale ma ho visto che è molto efficace. Lavorare con i bambini tra le mille cose permette di sviluppare un occhio di riguardo su alcune cose che spesso vengono considerate scontate o ancora peggio banali a priori,spero sia utile a far riflettere...

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